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La guerra imperversa in Sudan

Suor Mary Stephanos, provinciale del Medio Oriente, ci racconta gli ultimi aggiornamenti sulla situazione nella comunità di Khartoum

Il 15 aprile, per le nostre sorelle di Khartoum iniziava una giornata ordinaria!  Dopo le Lodi e l’Eucaristia celebrata nella vicina chiesa dei Padri Comboniani, ciascuna partiva per la propria missione… Alle 10.30, al fragore di spari, aerei, bombe… e senza capire cosa stesse succedendo, tutti hanno cominciato a correre in ogni direzioni. Le nostre suore, insieme agli insegnanti e al personale della scuola, hanno cercato di proteggere i bambini. I genitori, presi dal panico per il caos, fermati da ponti e strade improvvisamente bloccate, a fatica sono riusciti a raggiungere la scuola, sfidando il pericolo. Per alcuni di loro, però, non è stato possibile e, per diversi giorni, le suore sono rimaste chiuse con 12 bambini e 3 insegnanti, senza mai poter uscire dal complesso della scuola, tanto violenti erano i combattimenti a Bahri.

Senza nessun preavviso, gli abitanti di Khartoum sono rimasti intrappolati in una spietata guerra civile con aerei da combattimento e armi di grosso calibro che non hanno risparmiato né gli ospedali né i civili.

Senza nessun preavviso, gli abitanti di Khartoum sono rimasti intrappolati in una spietata guerra civile con aerei da combattimento e armi di grosso calibro che non hanno risparmiato né gli ospedali né i civili.
Gli eventi peggiorano di ora in ora. I giorni passano e i bombardamenti si intensificano: fuoco incrociato, carenza di cibo, assenza di acqua e di elettricità… La gente rimane barricata nelle proprie case sperando che questa esplosione di violenza abbia fine. Purtroppo la situazione sta peggiorando e si sta diffondendo in altre province del Paese.
Domenica 23 aprile, alle 12.30, mentre le nostre sorelle ci rassicuravano che la situazione si fosse un po’ calmati, improvvisamente una granata è caduta sulla chiesa dei Padri Comboniani, a 50 metri dalla loro casa. La sacrestia e una stanza sono state bruciate. I Padri e le Suore hanno deciso di lasciare il quartiere, privo ormai dei suoi abitanti, per rifugiarsi presso un’altra comunità dei Padri Comboniani.

Attraverso l’intermediazione del nostro Consiglio generale, siamo riusciti a ottenere, a tempo di record, la possibilità di far uscire dal Paese le nostre quattro sorelle sud-sudanesi, insieme ai cittadini italiani. Infatti, sono riuscite a partire con l’ultimo convoglio che le ha portate su un aereo militare diretto a Gibuti. Monsignor Giorgio Bertin, il vescovo locale, le ha accolte  e aiutate a compiere  i passi necessari per il rimpatrio nel loro Paese, il Sud Sudan.

Lunedì 1° maggio le suore sono arrivate finalmente a Juba (Sud Sudan), con il cuore pesante per aver lasciato la missione a Khartoum e soprattutto la povera gente, smarrita, in fuga dai combattimenti, in cerca di asilo, assetata, affamata, ferita, morente…

Quando capiremo che la guerra porta solo morte e distruzione?
Come uscire da questa spirale di dolore e morte?
Come possiamo denunciare la corsa all’eccessivo armamento?

Chi ascolterà la voce di Papa Francesco, in visita in Ungheria, che denuncia una politica internazionale che “dimentica la maturità acquisita con gli orrori della guerra e regredisce a una sorta di infantilismo bellicoso“?

Gridiamo la pace per coprire il rumore dell’assurdo.